Barbara Bouchet: un nome, una garanzia. Nel mondo del cinema non ha bisogno di presentazioni, in quello dell’arte sta diventando una gradita conferma, tanto che il Museo Emacia del Costarica, per la Mostra che si terrà a giugno e luglio nello splendido Palazzo Merati a Venezia, ha selezionato le sue opere in quanto particolarmente rappresentative nel contesto dell’Arte Contemporanea.
I suoi quadri racchiudono “le preziose geometrie del colore” come ha commentato il critico Paolo Levi, nella critica che riportiamo qui di seguito e che rappresenta in modo ineccepibile il modo di fare arte della bellissima attrice.
“Come ha bene assimilato la pittrice Barbara Bouchet, il quadro è un soggetto magico, e come tale secondo i canoni del Cubismo, è immerso in uno spazio indefinito. Queste considerazioni sono quanto mai utili per spiegare le ricerche compositive di questa gentile signora cecoslovacca, italiana d’adozione, che si dedica all’arte in parallelo, ma con uguale dedizione, alla sua felice professione di attrice. I suoi lavori sono di una rigorosa purezza geometrica e, a volte, alludono alla figurazione. Entrambi i momenti mi affascinano per la serenità che emanano. In queste sue ricerche, la pittrice evita il facile utilizzo di moduli fissi con variabili. Sono occasioni compositive non casuali, momenti emblematici dove Barbara Bouchet non ripete mai se stessa, optando per una ricerca severa. Opera realizzando puzzles di geometrie euclidee, attraverso contrappunti cromatici atonali e armoniosi, accostando le cromie di base, ed evitando i contrasti. Non comunica i retorici messaggi esistenziali di molti artisti astratti del passato, privilegiando piuttosto la concretezza dell’immagine fatta di angoli retti, di semicurve, di segni e di segnali ben inseriti nello spazio della composizione. Definirei queste ricerche come il bel risultato di una costruzione ragionata. La sua sperimentazione visiva è tanto più accattivante quanto più si esercita sull’economia di pochissimi elementi ottici che si traducono in momenti cromatici prospettici, organizzati e conclusi come le note di uno spartito musicale.
Evitando l’utopico gioco dei piani, la Bouchet guarda soprattutto all’essenzialità del colore. Esaminando con accortezza queste sue ricerche asettiche, ci si avvede di un percorso sperimentale che, partendo da spunti soggettivi e autobiografici, è approdato per sottrazione, ad una ricerca oggettiva. Le forme si sono via via alleggerite, perché la coscienza fatta di ragione ha portato la pittrice a costruire la bellezza dell’armonia e la purezza cromatica racchiudendole entro una forma sempre più espressivamente sintetica e responsabilmente strutturata.
Di fronte all’intensità di questi lavori si può comprendere che Barbara Bouchet sa tradurre in visione le intermittenze del suo cuore. Il che, per un’artista, non è poco.